Condizionamento o comportamento?
Rinforzo positivo/negativo è la strada giusta?
di Elena Bajona
Il rinforzo positivo e negativo funziona con i cavalli? Questa è una domanda che mi pongono in tanti e alla quale vorrei dedicare un approfondimento e ancora una volta fare chiarezza.
Lo studio del comportamento del cavallo, che viene messo in pratica “in laboratorio” da tanti studiosi in contesti universitari o in situazioni di finti branchi gestiti dall’uomo, dimentica o meglio ignora molto spesso alcuni importanti aspetti: ovvero la vita sociale e la complessa sfera emotiva che solo lo studio dei cavalli selvaggi, senza alcuna interferenza umana, porta a comprendere veramente.
Gli pseudo scienziati di estrazione pavloviana, che hanno visto e conosciuto solo cavalli domestici, fraintendono molto spesso il comportamento naturale del cavallo, sino ad arrivare a dare definizioni etologiche che appaiono più come una interpretazione personale basata su un numero ristretto di soggetti osservati in contesti prettamente umanizzati. Ma l’etologia non è un’opinione e men che meno può essere studiata in un contesto circoscritto e con cavalli sempre vissuti in spazi limitati gestiti dall’uomo e con una vita sociale coatta. Applicare tali studi porta ad una falsa interpretazione di ciò che veramente vuol dire una comunicazione naturale per il cavallo.
Sempre più articoli e libri di “esperti” sembrano volere incasellare e definire il linguaggio equino basato su un forte io concettuale che continua ad applicare una cultura umana ad un mondo equino, due pianeti completamente diversi. Instillare il pensiero umanizzato nello spiegare e definire un dato comportamento del cavallo è decisamente fuorviante e poco educativo.
Se ci pensiamo, lo sviluppo della scienza, applicata a una sempre più sofisticata tecnologia, ha sollevato l’uomo moderno da molte fatiche. Questo gli ha tolto però gran parte della capacità di pensare e apprendere in maniera naturale, soprattutto le cose naturali. L’uomo ha compensato la perdita di questa capacità con un coefficiente sintetico che a sua volta ha prodotto una cultura altrettanto sintetica. Tutto ciò lo ha allontanato dai veri significati del mondo naturale. La sua mentalità così modificata lo ha condotto ad una sorta di delirio di onnipotenza che lo porta a sfruttare e devastare il pianeta. Inoltre tale delirio gli dà smania di penetrare tecno-cartesianamente nei dettagli visibili e invisibili delle cose, per carpirne però solo i segreti.
L’uomo sta seguendo una pista falsa e pericolosa.
CONDIZIONAMENTO – UNA FALSA PISTA
Il mondo scientifico infatti persiste a studiare il condizionamento operante e applicare il rinforzo positivo e negativo nel rapporto con gli animali. Pavlov dunque è sempre vivo…. Ma per progredire bisogna “ucciderlo”. C’è sempre un limite da superare, ovvero CARPIRE NON è CAPIRE.
Mai dare per scontato niente! I miracoli della vita avvengono continuamente intorno a noi: carpire non è capire. Carpire è semplicemente il suo opposto e non favorisce alcuna evoluzione.
È stato Ivan Petrovic Pavlov (1849-1936) fisiologo russo e premio Nobel nel 1904 che ha dato lustro al concetto di carpire in seno alla scienza moderna. Pavlov è diventato famoso per avere scoperto i riflessi condizionati, quei riflessi conseguenti all’apprendimento e che dipendono dalla ripetuta associazione di uno stimolo a una reazione fisiologica o “istintiva”. Molti biologi ritenuti autorevoli e molti studiosi del comportamento animale sostengono che Pavlov ha trovato la chiave di Re Salomone, cioè quella chiave che ci consentirebbe di carpire i modi di apprendere e comunicare con gli animali e di poterli facilmente piegare al nostro volere. Per tanto tempo si è pensato che, a seguito di questa scoperta, era l’uomo che aveva la prerogativa assoluta di possedere un ‘Anima e delle capacità intellettive poiché era il solo a potersi sottrarre volontariamente a qualsiasi condizionamento. Ma così non mi pare proprio, basta vedere in quale sistema vive l’uomo. Neanche le società organizzate degli insetti sono tanto vittime come noi dei riflessi condizionati. Le api quando devono sciamare sciamano e non lo fanno rispondendo ad un riflesso condizionato ma per una ragione ancora sconosciuta.
Purtroppo questi studi sono stati ripresi anche dalle università che si occupano di comportamento degli equidi e hanno portato avanti l’applicazione dei riflessi condizionati sui cavalli fornendo delle prove scientifiche che ritengono ineccepibili. Ma ad oggi sono davvero tanti i cavalli che vengono ancora addestrati con metodi tradizionali o con le “innovazioni scientifiche” del rinforzo positivo e negativo. Ma non funziona. Gli animali condizionati diventano degli zombie.
Metodi naturali?
Tanti metodi che si definiscono etologici e naturali usano il cibo come metodo principe per addestrare i cavalli e sciorinare video online di cavalli circensi che li seguono correndo o che si sdraiano o si arrampicano da qualche parte. Ma, se ci fate caso, la maggior parte lo fa per puro condizionamento e non si può evitare di notare la continua ricerca di cibo da parte del cavallo che non pensa minimamente ad interagire o comunicare. Lui cerca solo la sua “droga”.
A mio avviso il condizionamento è una tecnica, non una comunicazione e, per una relazione vera con gli animali, non serve. Il condizionamento è deleterio. Se si condizionano i comportamenti degli animali la cultura naturale che li guida e che sovente è opposta a quella dell’uomo, non viene intaccata ma si assopisce soltanto e rimane in una gabbia senza cancello. Il condizionamento, nel tempo, produce l’esatto opposto. Alla prima occasione il cavallo si sottrae e la rivolta, che nei soggetti volitivi può essere definitiva, può manifestarsi a fasi alterne in quelli di minore carattere. E questo perché il condizionamento, non comportando l’uso del rispetto e della comunicazione, offende la dignità degli animali, anche se a livello inconscio. Ma, dato che gli animali, diversamente dall’uomo hanno l’inconscio e il conscio intercomunicanti, non è difficile capire perché, prima o poi, per sempre o a tratti, si ribellano, presentando così problemi di tutti i tipi. L’uso del cibo, ad esempio, rende i cavalli molto aggressivi e lobotomizzati in tantissimi casi.
Ma l’essere umano non è solo umano, ha gli animali dentro di sé. Per interagire al meglio con un cavallo bisogna tirare fuori quel tanto di cavallo che c’è in noi. Facile a dirsi e non a farsi. Come si fa?
È una delle domande che molti mi fanno, ma l’intrigante professione dell’etologo non è un triste mestiere che sussurra o che dispensa trucchetti. Il come arrivarci sarà l’argomento del mio prossimo articolo.
Stay Wild, Stay Smart!
Elena Bajona
5 gennaio 2022